Abbronzatura: il segreto è l’equilibrio

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I significati e l’opinione pubblica riguardo all’abbronzatura sono cambiati molto nel corso del tempo, considerata una caratteristica dei ceti umili fino ai primi del ‘900 e poi amata (e abusata) sempre di più fino agli inizi del nuovo millennio, quando i rischi dei troppi raggi UV diventano ormai noti. Oggi siamo arrivati a una nuova concezione di abbronzatura, e i prodotti per proteggersi sono sempre più vari per una corretta esposizione ai raggi solari.

In passato in Occidente l’abbronzatura era strettamente associata alle classi più basse della piramide sociale, coloro che per lavorare erano maggiormente esposti ai raggi solari. Gli aristocratici e tutte le classi più alte della società passavano la maggior parte del tempo a palazzo, lontani dalle attività faticose all’aperto, e anche per le brevi uscite erano soliti proteggersi con ombrellini o cappelli per preservare la pelle chiara dall’esposizione ai raggi solari.

A ribaltare le sorti dell’abbronzatura è in primo luogo la scienza: nel 1903 il premio Nobel per la medicina Niels Ryben Finsen giunge alla scoperta della fototerapia. Il medico, malato di una malattia in seguito diagnosticata come malattia di Niemann-Pick, scopre che il sole riesce ad alleviare il suo malessere. Prosegue così i suoi studi e scopre che, grazie ad una moderata esposizione alla luce e in particolare ai raggi UV, si possono curare patologie come la tubercolosi o il rachitismo. Qualche anno più tardi, proprio grazie alle scoperte di Finsen, il collega John Harvey Kellog (l’inventore degli omonimi cereali) riesce a curare la gotta di re Edoardo VII d’Inghilterra attraverso la fototerapia. L’esposizione alla luce solare inizia così a essere apprezzata per i benefici in ambito medico, e la conseguente abbronzatura viene accettata per motivi di salute, ma non ancora come fattore estetico.

Sempre nei primi anni del ‘900, l’Occidente è in una fase di transizione: dalle restrizioni e i doveri dell’era vittoriana si passa all’edonismo e alla nascita del tempo libero della Belle époque. Nascono le prime località turistiche, termali o balneari, in Costa Azzurra, a Sanremo e a Venezia, e a permettersi di poter andare in vacanza sono chiaramente le classi più abbienti e i personaggi famosi. É proprio con la nuova popolarità del turismo che la visionaria Coco Chanel nel 1923 si trova in Costa Azzurra e una foto la ritrae con la pelle dorata. Un personaggio pubblico e un’icona di stile del tempo come Coco non può che instaurare così un nuovo desiderio: quello di prendere il sole.

L’esposizione ai raggi solari diventa sempre di più sinonimo di agiatezza economica e di benessere fisico. Così, nel 1928 arriva il primo olio abbronzante “Huile de Chaldée” opera dello stilista francese Jean Patou, seguito nel 1935 dal primo olio abbronzante con protezione dai raggi UV di l’Oreal. L’abbronzatura si sta diffondendo, e dopo la seconda guerra mondiale tutte le resistenze vengono meno con il fiorire del benessere economico e del turismo; anche le star di Hollywood con la nascita dei film a colori diventano testimonial del nuovo look abbronzato, incentivando sempre di più le gite al mare ma anche l’utilizzo dei prodotti “autoabbronzanti”, dei cosmetici in grado di colorare temporaneamente la pelle senza dover prendere il sole. Con il passare degli anni le tecnologie si evolvono, il settore estetico propone le docce abbronzanti per essere pronti in anticipo per l’esposizione al sole, le spiagge si riempiono di lettini per esporsi al sole e il fenomeno dell’abbronzatura diventa sempre più preponderante (e per alcune persone ossessivo) tanto da dover coniare un nuovo termine: “Tanoressia”.

Con il crescere della popolarità vengono però alla luce anche i rischi di una scorretta ed esagerata esposizione ai raggi solari, la Skin Cancer Foundation individua nell’esposizione ai raggi UV la causa del 90% dei tumori della pelle, oltre che a fattori più estetici come l’invecchiamento precoce della pelle e le rughe.

É il momento di invertire la rotta.

Dal 2010, complice l’informazione su i rischi e i danni di un’esposizione scorretta e “veloce”, la tendenza vira su un’abbronzatura naturale e graduale. Le protezioni solari nel corso degli anni si sono perfezionate e diversificate sempre di più grazie alle innovazioni della tecnologia cosmetica, passando da unguenti pastosi a texture sempre più impalpabili. Anche il colore dell’abbronzatura ideale è passato dalle nuance innaturali degli anni 2000 a un color miele, sinonimo di un’esposizione distribuita nel tempo.

di Chiara Trimigliozzi

 

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